Nella legge di Bilancio in discussione in Parlamento, e nel farraginoso e accidentato percorso degli
emendamenti, non c’è traccia di una norma di sospensione ulteriore delle esecuzioni degli sfratti e delle
procedure immobiliari, oltre la imminente scadenza del 31 dicembre.
Questo significherebbe una sostanziale via libera agli sfratti dal 1° gennaio per famiglie ed esercizi
commerciali, nonché alle esecuzioni forzate dei provvedimenti a seguito del mancato pagamento delle rate
del mutuo per la prima casa.
L’assenza di una indispensabile norma di proroga è del tutto grave e incomprensibile anche alla luce
degli intendimenti emersi durante la discussione del DEF e degli impegni assunti dal Governo e
significherebbe gettare benzina sul fuoco del dilagante disagio sociale.
In assenza di risorse e politiche stabili e strutturali per la casa, a partire da un massiccio piano organico
e strutturale per l’aumento degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, e nel bel mezzo di una pandemia che
non accenna ad allentare la sua tragica presa sul paese, la ripresa delle esecuzioni degli sfratti sarebbe un
colpo durissimo per la tenuta sociale e incrinerebbe ulteriormente la già debole fiducia dei cittadini e dei
piccoli e medi operatori economici nei confronti delle istituzioni.
Va considerato peraltro che la ripresa delle esecuzioni degli sfratti metterebbe a dura prova i Comuni
che non potranno affrontare con adeguati servizi sociali questa nuova emergenza e, più in generale, le
strutture di assistenza pubbliche e private che ordinariamente intervengono per la prima tutela dei nuclei
familiari sfrattati, soprattutto in presenza di minori, anziani o condizioni di fragilità economica e sociale. Infine,
se consideriamo che a breve dovrebbe partire la campagna vaccinale contro il coronavirus, che secondo le
previsioni del governo e del commissario Arcuri terminerebbe non prima del prossimo autunno, questo non
farebbe che aggiungere un’emergenza casa aggravata a dismisura alla più generale emergenza sanitaria e
getterebbe il paese nel caos.
L’alternativa allo sfratto selvaggio esiste e consiste nel prevedere misure che consentano di
salvaguardare la locazione evitando il contenzioso giudiziario e incentivando e agevolando con lo strumento
fiscale la rinegoziazione per la diminuzione di degli affitti, dando ristoro economico ai proprietari che
accettano di ridurre sensibilmente i canoni oggi insostenibili, aumentando le risorse dei fondi di sostegno
all’affitto e per morosità incolpevole per consentire alle parti di mantenere in vita i contratti dentro un più
ampio patto sociale per la casa tra associazioni degli inquilini, associazioni dei proprietari, Governo e Comuni.
A tal fine si deve procedere a riaprire i tavoli degli accordi territoriali sugli affitti concordati per una
revisione in diminuzione dei parametri degli affitti che tengano conto delle mutate condizioni economiche
indotte dalla pandemia.
Sullo sfondo resta la necessità di definire in tempi brevi un Piano nazionale di edilizia residenziale
pubblica pluriennale sostenuto dalle risorse inutilizzate della ex Gescal e da quota parte delle risorse
disponibili con il Recovery Fund.
Da questa emergenza si potrà uscire solo con unità di intenti, misure adeguate e strutturali, certezze
sui tempi di attuazione, semplificazione di tutte le procedure per la concessione delle agevolazioni e dei
contributi agli aventi diritto.
Roma, 16 dicembre 2020
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